I primi mobili per scrivere erano monumentali e fatti di materiali preziosi come l'ebano arricchito di pietre dure e avorio; erano dotati di un piano estraibile dove dedicarsi alla scrittura e di cassettini in cui conservare oggetti e documenti.
Non mancavano i "bureaux plats" ossia le scrivanie a forma di tavolo, abbastanza ingombranti e comprensive di cassetti posti sotto il piano.
Dal diciottesimo secolo in poi si formarono mobili più simili al concetto moderno di scrivania, da quelli con i fianchi dotati di cassetti e con un'apertura al centro alla scrivania a ribalta.
Tra le scrivanie più belle ricordiamo il "bureau à cylindre": tra le più eccezionali vi fu quella realizzata dall'ebanista Oeben per la corte di Versailles con bronzi e legni intarsiati.
Altrettanto noto era in Inghilterra il "kneehole", scrivania a corpo unico con, ai lati, due ordini di cassetti e un'anta centrale rientrata. Nello stesso periodo si diffusero gli scrittoi da viaggio e mobili scomponibili da adattare in base ai bisogni.
I materiali e le forme seguivano l'andamento degli stili e delle mode e lo dimostra, per esempio, il passaggio dalla linea curva del Luigi XV a quella dritta del Luigi XVI come adattamento alla severità dell'Impero e all'antico del Neoclassico.
Fu nell'Ottocento che la scrivania perse le gambe e divenne più massiccia, un blocco con una cavità unica destinata a far stendere le gambe di chi la adoperava.
Oltre al "Davemport", scrittoio piccolo e dalla forma a cassettone, e al tavolo "polifunzionale" si svilupparono sulla scia dell'Art Nouveau mobili da scrittura slanciati e dinamici: col tempo si fecero dunque più aggraziati e piccoli con gambe dritte e snelle.
Vetro, alluminio e acciaio furono annoverati tra i materiali maggiormente adoperati per le scrivanie domestiche e da ufficio.
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